Pino Domestico

Il Pino domestico in ambiente urbano

Con la speranza di fare cosa gradita, vi do il benvenuto nel mio nuovo sito web e nel mio blog con un articolo riguardo la gestione del Pino domestico (Pinus pinea). Ultimamente questa conifera, è stata oggetto di discussione a causa dei reiterati schianti in ambiente urbano (in particolare a Roma). Dopo i numerosi incedenti avvenuti con i passanti, quasi sempre mortali, si è intrapresa una linea dura volta a limitare eventuali (ed inevitabili) nuovi disastri.

Cenni di fisiologia di Pinus pinea

Per capire cosa vi è alla base di questi cedimenti improvvisi e quanto siano inutili molti degli interventi di potatura che vediamo sempre più spesso, si deve partire dalla fisiologia del Pino domestico, assai differente ad esempio da un’altra famiglia di conifere, le Cupressacee.

Lo sviluppo di un albero è stato efficacemente suddiviso in 10 stadi: (1-4) crescita in altezza, (5-6) crescita in volume, (7-8) mantenimento e rinnovo della struttura, (9-10) riorganizzazione della stessa.
Nei primi stadi di crescita possiamo affermare che l’andamento di Pinus pinea è piuttosto conforme allo standard se non per la già visibile tendenza allo sviluppare una chioma rotondeggiante. Generalmente nella fase di crescita in altezza, la dominanza apicale fa si che la pianta assuma la forma di una freccia (verso l’alto) per poi garantire in seguito le condizioni di crescita del volume.
Passando per questa seconda fase e via via arrivando agli stadi di mantenimento della struttura, la dominanza apicale si interrompe e si viene così a formare la classica forma ad ombrello. E’ qui che appare la prima vera ed importante differenza con la maggior parte degli alberi.
Di solito, arrivato a questo stadio di sviluppo l’albero tende a bloccare la crescita delle sue branche laterali sviluppando nuove e vigorose ramificazioni. Tramite queste strutture si avvia il processo di rinnovamento continuo e progressivo della chioma, portando al mantenimento della stessa. Il nostro pino viceversa non ha la possibilità di sviluppare queste ramificazioni e tenderà a far crescere indefinitamente le sue branche laterali fino al loro inevitabile collasso. Non essendo quindi capace di rinnovare la sua vegetazione, il pino finirà per esaurire la massa verde causando la sua stessa morte in modo prettamente meccanico. Come potete immaginare gli ultimi due stadi di riorganizzazione della struttura sono preclusi, essendo impossibile per la pianta ricostituire la propria chioma.

Un’altra importante differenza la troviamo nell’apparato radicale. Famoso per le sue radici superficiali, il Pinus domestico sviluppa sin da subito un importante radice fittonante (che si sviluppa in profondità). Tale fittone rimarrà attivo e funzionante fino alla morte della pianta, mentre viene letteralmente abbandonato al suolo nelle altre specie fittonanti. Con quest’illustrazione che mostra l’accrescimento delle Cupressacee (schema A ) e di Pinus pinea (schema B) sarà più facile comprendere quanto spiegato fin ora:

L’importanza dell’apparato radicale

Per capire l’importanza del fittone è bene soffermarsi un attimo sui contrafforti e sulla dissipazione di energia.
I contrafforti sono speciali strutture anatomiche che regolano la traslocazione dei carichi verso le radici ancoranti, fungendo da elemento di consolidamento meccanico tra tronco e apparato radicale. Nella figura seguente sono visibili all’altezza del colletto dell’albero (parte iniziale del fusto):

Nel caso del Pino domestico abbiamo invece un tronco molto rigido che termina al suolo in modo lineare con totale assenza di contrafforti. Esso è quindi legato in maniera flessibile con le radici, compensando la mancanza delle strutture appena descritte con un fittone molto sviluppato e meccanicamente attivo per tutte le fasi della vita. Oltretutto, per ovviare a questa rigidità strutturale e combattere efficacemente la spinta del vento, un’altra strategia adottata è quella legata al raggiungimento di una forma sempre più aerodinamica con l’aumentare delle dimensioni.
Possiamo affermare quindi che il fittone funge nel caso del Pino domestico come dissipatore di tutta l’energia prodotta dalla chioma con la spinta del vento, rappresentando così un elemento di vitale importanza per la stabilità della pianta.

Cosa accade in ambiente urbano

Veniamo ora al nocciolo della questione per capire quali sono le problematiche legate alla gestione di Pinus pinea in ambiente urbano e perché sempre più spesso si sente parlare di schianti improvvisi.
Per trovare le cause dobbiamo però risalire all’allevamento degli individui destinati a costituire le alberature stradali.
A causa delle lavorazioni della zolla e dei trapianti a cui è sottoposto il pino in fase di allevamento, la regolare crescita del fittone e delle radici orizzontali viene costantemente ostacolata.
Queste ultime oltretutto, una volta che l’albero è impiantato, tendono spesso a seguire la forma circolare della zolla continuando il loro sviluppo in tal direzione fino a diventare radici strozzanti.
In aggiunta a queste condizioni, il pino impiantato si trova frequentemente a dover fare i conti con condizioni pedologiche (del terreno) assai difficili.
Spesso si tratta di un suolo compattato ed asfittico, magari in prossimità di un manto stradale. A causa dell’eccezionale propensione all’adattamento del Pino domestico, in prossimità di elementi duri e di forte pressione (come asfalto o manufatti) si sviluppano radici inspessite e noduli che vanno a formare delle vere e proprie placche. Queste particolari conformazioni plastiche sono alla base della rottura delle strade ma anche fonte primaria di stabilità.
Sovente gli apparati radicali vengono letteralmente devastati per lavorazioni dei marciapiedi o del manto stradale. Non avendo quindi un apparato fittonante, l’unico sistema ancorante viene così indebolito diventando così la principale causa dei crolli improvvisi.
Ad oggi esistono numerosi sistemi di contenimento e protezione dell’apparato radicale in contesto urbano, ancora sconosciuti in epoca d’impianto degli attuali esemplari adulti di Pinus pinea.

Ulteriori dannosi interventi come il ricarico di terra sul colletto dell’albero (letale per tutte le specie) o cambiamenti improvvisi di umidità come la sovente installazione di impianti di irrigazione a seguito della creazione di tappeti erbosi, vanno spesso a sommarsi al resto.

Le potature errate

La corsa contro il tempo verso la messa in sicurezza del numero più elevato possibile di esemplari, di certo non favorisce un’accurata analisi ed interventi consapevoli.
Com’è già stato spiegato, il nostro pino non è in grado di riorganizzare la sua chioma e tende quindi ad innalzarsi costantemente prolungando fino al punto di rottura le sue branche. Le potature volte a “sbrancare” l’albero privandolo dei rami più bassi, possono avere un senso nella fase giovanile in cui per natura esso tende a perdere la vegetazione inferiore favorendo lo sviluppo di quella superiore.
Eliminando importanti branche in fase adulta, la pianta tenderà ad emettere nuova vegetazione nelle parti più alte aumentando ulteriormente e innaturalmente le dimensioni. Innalzando il punto di applicazione delle forze del vento aumenterà la leva e così le forze esercitate sull’apparato radicale, già di per se debole.
Oltretutto una rimozione di rami bassi che hanno sviluppato la giusta elasticità per resistere al vento, esporrà i rami interni, meno flessibili, a delle forze non calcolate. Meno vegetazione sta a significare meno capacità aerodinamica da parte dell’albero, e non maggiore sicurezza come è sovente pensare. Per finire, buona parte delle radici che prima serviva tali porzioni di chioma, cessa di funzionare e muore, andando ad indebolire ulteriormente la stabilità generale.
Gli unici interventi da adottare nei confronti di Pinus pinea in fase adulta, devono essere volti all’alleggerimento dei carichi e alla riduzione delle leve (potatura di diradamento), all’eventuale contenimento della chioma tramite tagli di ritorno, ed alla sempre necessaria rimonda del secco.
Riassumendo, prediligere un corretto diradamento mantenendo il più possibile inalterata la struttura dei palchi inferiori, è sicuramente la strada giusta da intraprendere. Qui di seguito il prima e dopo di un ben fatto intervento di potatura di un albero precedentemente maltrattato:

Questo tipo di interventi viene generalmente svolto mediante la tecnica del tree climbing (arrampicata con funi), la più sicura ed accurata. Sfortunatamente la gestione delle alberature in ambiente urbano è affidata solo in minima parte a veri professionisti, i quali di certo non mancano nel nostro paese.

Fonti:

Compagnia del giardinaggio (www.compagniadelgiardinaggio.it)

Acer – Il verde editoriale

“Nuove acquisizioni nello studio e nella cura del Pino domestico” di Giovanni Morelli

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4 Comments

  • ARTICOLO… MOLTO INTERESSANTE… GRAZIE!

    io vivo a roma .. zona appia.. e ho un pino proprio tra il recinto del giardino e la strada.. mi dicono che ne rispondo io .. ecco il mio dilemma… farlo abbattere o no? credo abbia 100 anni è stato potato circa 8 anni fa.. so che ne devo piantare un altro .. al suo posto ma mi dispiace moltissimo!
    che fare???????????????????

  • Ho un giardino fronte mare di circa 500 mq vorrei piantare una piccola pineta, quale tipo di pino mi consiglia ?
    Grazie

    • Salve,
      non mi sento di consigliare alcuna specie senza aver prima conosciuto il sito e avere un quadro completo sulle condizioni pedoclimatiche.
      Tendenzialmente i pini che si trovano vicino al mare in ambiente mediterraneo sono 3, Pinus halepensis, Pinus pinea, Pinus pinaster.

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